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Palazzo Bovara

Palazzo Bovara, fiore all'occhiello e oggetto di consapevole cura da parte dell'Unione del Commercio, del Turismo dei Servizi e delle Professioni della Provincia di Milano, così viene descritto dagli studiosi Giacomo Bascapé e Paolo Mezzanotte ne volume "Milano nell'arte e nella storia" (Emilio Bestetti editore) stampato nel 1948: "Opera del ticinese Francesco Soave, occupa un posto non secondario nella storia del neoclassico lombardo.

La facciata, ricalcata sugli schemi dei trattatisti del cinquecento, appare, a differenza delle contemporanee architetture (fine XVIII secolo n.d.r.) del Piermarini e della sua scuola, sciolta da ogni reminiscenza del barocco settecentesco né accusa, come altre creazioni dello stesso Soave (casa Anguissola in Via Manzoni), influenze dell'arte di Francia. Fronte di tre piani, con portale ad arco, fiancheggiato da colonne doriche scanalate, reggente un balcone a balaustri; finestre di pianterreno a cornice retta da triglifi e meandri nel fregio. Al primo piano finestre e timpani triangolari e piani alternati e festoni nel fregio; di arenaria ogni elemento architettonico, salvo lo zoccolo di granito.

Palazzo Bovara interno

Arioso cortile rettangolare a portici, delimitato ai fianchi da due corpi di fabbrica minori, decorati da statue e vasi ornamentali sull'attico, e sullo sfondo da cancellate a pilastri bugnati recanti grandi vasi ornamentali e statue, a chiusura di un breve pittoresco giardino ombroso, di vecchie piante. Nel periodo della Cisalpina (Repubblica Cisalpina 1797 - 1799; poi repubblica Italiana 1799 - 1805; infine Regno Italico dal 1805 al 1814 n.d.r.) la casa ospitò l'Ambasciata di Francia; era proprietà del conte Giovanni Bovara, professore nell'Ateneo pavese e Ministro dei Culti nel Regno Italico.

Il giardino - allora più vasto - fu sede di feste e trattenimenti danzanti che rimasero memorandi nelle cronache mondane della Milano ottocentesca.

" Nell'opera "I Palazzi della Vecchia Milano" edita da Ulrico Hoepli nel 1945, Giacomo Bascapé disegna - nell'ambito di una più generale felice invenzione - un "quadretto" dedicato al giardino di Palazzo Bovara. In questo libro infatti Bascapé ha immaginato di aver fortunosamente rinvenuto, nell'archivio dei Mellerio, il diario del conte Giacomo, uno dei gentiluomini più in vista a Milano, nella prima metà dell'Ottocento, e di aver desunto da esso la narrazione di una lunga e minuziosa visita ai palazzi privati della nostra città, compiuta da lui e da due gentildonne, la marchesa Pallavicino della Corte di Parma e la contessa di Schonborn, dama di Corte a Vienna, venute a Milano nel settembre del 1838 per l'incoronazione di Ferdinando I.

Palazzo Bovara cortile

"(….) Ridiscesi, entrarono nel giardino, all'italiana, con bei vialetti profilati di bosso, aiuole ordinatamente disposte, piccoli spiazzi a disegni di ciottoli bianchi e neri, contrastava stranamente con un folto di lecci antichi, che sorgevano in un angolo, e costituivano forse il residuo dell'orto e del parco dell'antico convento su cui sorse la casa. Fra questo gruppo di piante in una piccola radura che sembrava il centro di un bosco sedettero per qualche momento i visitatori, a riposare e a godere il fresco: panche di pietra e sedie di vimini costituivano infatti un simpatico invito, reso più persuasivo dalla suggestione dell'ambiente, dal canto degli uccelli e dal mormorio di un ruscelletto."

 

Circolo del commercio: scalone d'ingresso

Nell'edificio abitò lo Stendhal, sottotenente del 6° Dragoni, nell'anno 1800 ("Sur le cours de cette Ponte Orientale s'est passé l'autore de ma vie"). Il palazzo ebbe danni non gravi nei bombardamenti del 1943. Venne restaurato a cura dell'architetto Portaluppi. A proposito di Stendhal, al secolo Henry Beyle, francese di Grenoble, lo stesso Giacomo Bascapé così dice ne "I Palazzi della vecchia Milano": "Lo Stendhal capitò a Palazzo Bovara tenentino diciassettenne dell'armata napoleonica, nel 1800 e si entusiasmò tanto della città che non ebbe pace finché non ritornò, per breve tempo nel 1811, e poi definitivamente nel 1813".

 

Circolo del commercio: corridoio ala est

Seguiamo palazzo nel tempo: la casa bovara dell'Ambasciata di Francia diviene poi casa Camozzi e, ancora, casa Dal Pozzo; poi - ed è forse l'appellativo più suggestivo - Cuttica delle Cassine per nominarsi quindi palazzo Busca e infine, in epoca fascista, palazzo Benni, dal nome del ministro che lo acquistò e modificò su progetto dell'architetto della Noce. L'architetto intervenne rifacendo i pavimenti - ora in legno intarsiato mentre quelli precedenti erano in "seminato" alla veneziana - la volta delle gallerie, l'atrio e lo scalone di rappresentanza, demolito e ricostruito in marmo.

Fu anche installato un ascensore di collegamento interno. Si arriva così al 26 marzo del 1995 quando l'Unione del Commercio del Turismo dei Servizi e delle Professioni della Provincia di Milano ridona la primitiva unità a tutto il secondo piano, inaugurandovi la sede permanente del "Circolo del Commercio". Il nuovo proprietario, che fin dall'inizio ha voluto fare di Palazzo Bovara la sede istituzionale della propria attività di rappresentanza, si apre ora alla prospettiva di farne la sede della propria volontà di essere uno dei protagonisti della cultura cittadina nell'ambito di quella rigogliosa "economia del terziario" che è costituita proprio dai comparti del commercio, del turismo e dei servizi.